Il finanziamento degli antiabortisti arriva da lontano
In questa giornata di mobilitazione nazionale per l’accesso all’aborto garantito, libero, sicuro e gratuito, abbiamo ricostruito – con il contributo di Marte Manca – le più recenti politiche antiabortiste regionali e nazionali.
DIRITTI RIPRODUTTIVI
Marte Manca per Piazze Divergenti.
5/25/20243 min read
Se vogliamo collocare nel tempo il momento in cui le politiche antiabortiste sono entrate nei bilanci regionali, dobbiamo tornare indietro di 20 anni circa. In origine fu la Lombardia ad utilizzare i fondi familiari Nasco e Cresco con finalità antiabortiste (cosa ben diversa dal sostenere vere politiche per le famiglie).
Tra il 2010 e il 2015, nascondendosi dietro il falso slogan del sostegno alla maternità e alla natalità, la Regione Lombardia ha dedicato ingenti risorse economiche al contrasto all'interruzione volontaria di gravidanza (IVG) principalmente attraverso due misure: il Fondo Nasco, istituito nel 2010 e dedicato ad evitare il ricorso all’IVG per motivi di carattere economico, e il Fondo Cresco, istituito nel 2013 e finalizzato a sostenere la sana ed equilibrata alimentazione delle neomamme e dei neonati in condizioni di forte disagio economico.
I due fondi erogavano contributi economici – diversamente vincolati secondo le differenti finalità, come illustrato nella tabella 1 – a donne in condizioni di disagio economico che avessero rinunciato al ricorso all’IVG e a condizione che venissero affiancate in percorsi di sostegno realizzati dagli operatori dei consultori pubblici e privati accreditati.
Dal 2016 in poi, anche attraverso le elezioni amministrative del 2017, le regionali e le politiche del 2018 e le europee del 2019, è divenuta sempre più esplicita la capitalizzazione politica di questo nuovo scambio tra partiti di destra e movimento no choice: se da una parte ha dato agibilità politica al movimento, dall’altra ha trasformato il movimento stesso in uno strumento ad uso della politica.
E così a partire dal 2016, tenendo traccia delle varie mozioni antiabortiste depositate e discusse nel Paese, è possibile redigere una mappa fisica e una cronistoria della progressiva infiltrazione delle associazioni antiabortiste nella politica istituzionale, soprattutto nelle Regioni governate dalla destra.
Nel 2017 la Regione toscana ha stretto un accordo da 195 mila euro con il Forum toscano delle associazioni per i diritti della Famiglia di Ispirazione Cristiana.
Nel 2018 a Verona, Treviso, Milano, Ladispoli, Ferrara, Roma, Alessandria, Imperia e in un’intera Regione come la Liguria vengono presentate dai partiti di destra mozioni in Consiglio comunale e regionale per sovvenzionare le associazioni (pro vita) antiscelta.
Ma è nel 2019 che i rapporti tra politica istituzionale, fondamentalismi religiosi cristiani e ortodossi e associazioni antiabortiste si rinsaldano, quando ha luogo a Verona il Congresso Mondiale delle Famiglie.
Pochi mesi dopo, in Umbria, il connubio tra forze politiche di destra e associazioni antiabortiste porta all'elezione di Donatella Tesei come Presidente della Regione.
Nel 2021 le Marche, sotto la guida di Fratelli d'Italia (FdI), respingono le linee di indirizzo del Ministero della Salute per quanto riguarda la RU486.
La proposta di legge dello scorso febbraio, che apre i consultori pubblici a consulenze esterne e associazioni antiabortiste, è dunque solo l’ultimo atto di un lungo percorso politico di attacco all'autodeterminazione delle donne.
Nel corso dello stesso mese, in Abruzzo, altra Regione governata da FdI, passa la mozione sul ricovero obbligatorio in ospedale per l'assunzione della pillola RU486, quando sarebbe invece somministrabile in day hospital.
Seguirà anche la proposta del cimitero dei feti senza il consenso della donna.
E ancora il Piemonte, Regione governata dalla destra, istituisce il fondo per la famiglia Vita nascente, che finanzia le associazioni (pro vita) antiabortiste con 970 mila euro.
In Lombardia passa la mozione 112 proposta dalla Lega, che ha per falso oggetto il “Sostegno alla vita e alle donne in stato di fragilità” mentre consente alle associazioni antiabortiste di entrare nei consultori.
Nel Lazio, la giunta di centrodestra guidata da Francesco Rocca approva una delibera sul “Bonus Mamme” che apre alle associazioni antiabortiste ed esclude i consultori familiari dall’assistenza alle donne per la presentazione delle domande per il voucher.
Arriviamo così agli eventi di questi ultimi mesi, con l'approvazione alla Camera dell’emendamento al disegno di legge per i fondi PNRR, che legittima l’accesso nei consultori delle associazioni antiabortiste.
L’emendamento prevede infatti che le Regioni possano “avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”. Di fatto, se l’articolo 2 della legge 194/78 già prevedeva la destinazione di soldi pubblici a servizi di sostegno, questo emendamento dà legittimità ad una pratica già portata avanti a livello regionale, allargando la platea di associazioni antiabortiste nei consultori.
In conclusione, se già l’alto tasso di obiezione di coscienza rende sempre più difficile l’accesso all'IVG, determinando una significativa migrazione di persone da una Regione all’altra per poter abortire, ciò che sta accadendo con Il PNRR mostra che ormai il modello politico ultraconservatore, affermatosi attraverso le Regioni guidate dalla destra, è diventato modello nazionale.
Il vero sostegno alle famiglie e alle donne non ha niente a che vedere con il contrasto all'IVG. Le politiche familiari e sociali di cui necessita l'Italia sono ben altre, ma richiedono riforme strutturali economiche e sociali che la destra non è disposta a compiere. È molto più semplice, quindi, cercare di costringere le donne a partorire, e poi lasciare che si arrangino, come sempre nella storia.
Di fronte a questa avanzata degli ultra-conservatori, a noi spetta il compito di intensificare il sostegno ai gruppi e alle associazioni pro choice, che supportano davvero le donne nel loro diritto di scelta.