Michela Murgia: femminismo intersezionale e decoloniale
Michela Murgia (1972-2023) è stata molto più di una scrittrice e intellettuale: è stata una voce potente e insubordinata nel panorama culturale e sociale italiano. Le sue opere e il suo attivismo incarnano un pensiero radicale, profondamente intersezionale, decoloniale e antispecista, che ha contribuito a ridefinire il modo in cui parliamo di potere, identità e giustizia.
BIOGRAFIE DIVERGENTI
1/4/20252 min read


Michela Murgia e la decostruzione del patriarcato
Cresciuta in Sardegna, terra di storie stratificate e lotte contro la marginalizzazione, Murgia ha fatto delle sue radici un prisma attraverso cui interrogare le oppressioni coloniali, economiche e culturali. Fin dagli esordi, con Il mondo deve sapere (2006), una denuncia brillante delle condizioni lavorative alienanti, ha dimostrato la sua capacità di intrecciare critica sociale e narrativa personale.
Il femminismo di Michela Murgia è stato dichiaratamente intersezionale, capace di riconoscere e affrontare le sovrapposizioni tra sessismo, razzismo, classismo e altre forme di discriminazione. In Stai zitta (2021), ha smascherato i meccanismi linguistici che perpetuano il patriarcato, mentre con Istruzioni per diventare fascisti (2018) ha denunciato il ritorno del pensiero autoritario, svelandone le radici culturali e strutturali.
La fede queer e la spiritualità inclusiva
Michela Murgia ha vissuto una fede profondamente libera e personale, radicata in una visione critica delle istituzioni religiose, ma mai separata dalla spiritualità e dall’amore per il divino. In Ave Mary (2011), ha sfidato l’immagine tradizionale della donna nella Chiesa cattolica, denunciando la narrazione patriarcale che ha ridotto la figura di Maria a uno strumento di controllo sociale. In God Save the Queer (2022), ha celebrato la possibilità di una spiritualità queer, capace di accogliere le differenze e di sfidare le rigide categorie imposte dalla dottrina. La sua fede non era fatta di obbedienza, ma di interrogativi e di un’adesione autentica a un Dio che, per Murgia, era amore inclusivo e rivoluzionario.
Queste due opere rappresentano i pilastri del pensiero religioso di Murgia. Ave Mary ha decostruito l’uso strumentale delle figure sacre femminili, mentre God Save the Queer ha aperto nuovi spazi di riflessione su come la spiritualità possa essere vissuta al di fuori dei rigidi binarismi di genere.
Famiglia queer: una rivoluzione affettiva
Questo stesso amore lo ha incarnato nella sua vita privata, costruendo una “famiglia queer”, un nucleo affettivo scelto che sfidava il modello tradizionale. Michela Murgia ha rifiutato l’idea che la famiglia fosse un luogo statico e prescrittivo, definendola invece uno spazio fluido, basato su relazioni autentiche e scelte consapevoli. La sua famiglia queer era un rifugio di cura reciproca e solidarietà, un esempio vivente di come l’amore e la comunità possano essere rivoluzionari.
L’impegno antispecista e le politiche delle relazioni
L’antispecismo è stato un altro pilastro implicito del suo pensiero. Michela Murgia ha parlato spesso di una politica delle relazioni, riconoscendo che le lotte per la giustizia non possono ignorare il rapporto tra gli esseri umani e il mondo non umano.
Femminista fino all’ultimo respiro, Michela Murgia ha incarnato una pratica politica radicale basata sulla solidarietà e sul mutualismo. Con Piazze Divergenti, il suo pensiero continua a vivere, ispirando una comunità di lotta e cura che rifiuta ogni oppressione e sogna un mondo più giusto e inclusivo.